lunedì 25 maggio 2015

La scelta

La tua scelta non è importante. Affatto.
Qualsiasi scelta non comporterà alcun significativo cambiamento, non comporterà alcuna significativa differenza. Rimarrai imbrigliato, sempre, nella solita rete.
Alla ricerca di un varco, che forse neanche c'è.

Dino

mercoledì 20 maggio 2015

Romeo e Giulietta. A Sarajevo.

La Giulietta di Sarajevo si chiamava Admira. Il suo Romeo si chiamava Boško.
Non sono morti in seguito a un tragico malinteso, ma per una fucilata piovuta dall'alto.
Non sono morti sulla scena di un palco teatrale, ma su una strada che costeggia la Miljacka.

La Miljacka è un fiumiciattolo che taglia in due Sarajevo e così faceva anche nel 1992. Nei mesi in cui fioriva la primavera di quel funesto anno, in Bosnia-Erzegovina è cominciata la guerra. Sulle colline attorno a Sarajevo sono comparse figure in divise militari, con fucili in mano e stemmi serbi sull'avambraccio. Era cominciato l'assedio della città.
Le truppe serbe erano dissipate lungo le colline, nei grattacieli abbandonati e sul confine che divideva l'occupata Grbavica dal resto della città. L'obiettivo era annientare la capitale, annientare la neonata nazione (da poco indipendente da Belgrado) e poco importava se, per raggiungere questo fine, si sarebbe passati sui cadaveri di bambini, donne, uomini o anziani.
Poco importava se quelle figurine che apparivano nei cannocchiali di tiro erano persone. Poco importava se quelle persone cadevano, secondi dopo, esangui e senza vita.
Ogni giorno cadevano granate, esplodevano mine, venivano fucilati civili intenti ad attraversare un incrocio. I cecchini respiravano nelle loro fredde stanze, nei grattacieli abbandonati, caricavano il fucile, sceglievano la vittima e...
Una vita si spegneva, in un istante, senza rendersi conto dell'accaduto.
Vi erano luoghi prescelti, incroci della morte, nei quali i cecchini uccidevano le proprie vittime quotidianamente, Succedeva talvolta che per qualche giorno si assentassero e all'apparenza lasciassero tali incroci "incustoditi". Un bastardo trucco per far sì che la gente tornasse a frequentarli, illudendosi che i cecchini li avessero trascurati. Una volta finita l'astinenza, il cecchino di turno aveva altra carne con cui giocare. Altre vite con cui giocare. E ricominciava a giocare.

Admira era bosniaca, Boško tradiva origini serbe. Le loro famiglie erano del tutto favorevoli al loro amore. Sognavano una casa, dei bambini, la vecchiaia.
Una vita insieme.
Quando la guerra bussò alle porte, la famiglia di Boško trovò modo di uscire dalla città.
Lui non seguì i suoi genitori. Non poteva lasciare Admira da sola, in preda a quel mucchio di fanatici con le divise militari. Credevano che la guerra sarebbe durata poco, che il sole sarebbe tornato a splendere...
I giorni si susseguivano, invece, con lo stesso dipinto di sangue per le vie della città e la stessa melodia di artiglieria nell'aria. Admira e Boško evitavano, come in un macabro gioco, le pallottole e le granate e le mine. Ogni giorno un'incognita, ogni giorno con la speranza di vedersi alla sera.
Nel 1993, si aprì un varco: l'esercito serbo accordò l'uscita dei due dalla città in seguito a trattative condotte con l'esercito bosniaco. Per Admira e Boško sembrava la fine di un tunnel di orrori. Rimaneva un ultimo ostacolo: percorrere la via che costeggia la Miljacka con una sponda vigilata dall'esercito bosniaco, ma l'altra costellata di cecchini dell'esercito serbo. Alla fine della via, il posto di controllo che avrebbe consentito l'uscita dalla città.
L'accordo parlava chiaro: Admira e Boško sarebbero dovuti uscire illesi dalla città.
I due innamorati percorsero la via, mano nella mano, correndo verso la libertà, sotto gli occhi dei due eserciti.
Uno sparo. Boško cadeva a terra, morto. Un altro sparo. Cadeva Admira, in fin di vita.
Rantolante, in un ultimo respiro, gettava le braccia attorno al corpo esanime del ragazzo, abbracciandolo, in un ultimo gesto di amore.

Sarebbero rimasti così, per sette giorni. Due anime abbracciate in mezzo al campo di battaglia.
Due anime uccise da un cecchino serbo. Due anime come tante altre in quegli anni, divenute emblema di una città che non conosce divisioni. Una città che non conosce bosniaci, serbi o croati. Una città dove la preghiera del muezzin non è disturbata dal suono delle campane della chiesa, né lo è quella del rabbino ebraico.
Una città con uno spirito unico, che hanno cercato di uccidere con le armi.
Forse riuscendoci, forse no.

Admira e Boško sono stati raccolti dopo una settimana, da dei prigionieri dell'aggressore serbo, e seppelliti, insieme, nel vasto cimitero di Sarajevo.


Dino





sabato 16 maggio 2015

La casa dei doganieri di Eugenio Montale

Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t'attende dalla sera
in cui v'entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.

Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all'avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s'addipana.

Ne tengo ancora un capo; ma s'allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell'oscurità.

Oh l'orizzonte in fuga, dove s'accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende...)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.

martedì 12 maggio 2015

L'angolo dell'odio: Trenitalia

A ognuno di noi, talvolta, succede di essere in ritardo. Dormiamo troppo a lungo, calcoliamo male i tempi oppure semplicemente siamo troppo svogliati per fare qualcosa nel modo in cui Dio comanda.
Ogni tanto, però, ognuno di noi, mosso da non so quale spirito, è puntuale.
Trenitalia, invece, no.

Sono in piedi sulla banchina, lo spazio intorno è pulito e popolato da persone sorridenti che aspettano in ordine l'arrivo del treno delle 11:33. L'orologio della stazione segna le 11:30 e la locomotiva si presenta all'orizzonte. Poco dopo, insieme a un gruppo di altri passeggeri mi avvicino alle porte scorrevoli che si aprono, lasciando uscire dei viaggiatori giunti a destinazione. Salgo con calma i due gradini mentre una signora è aiutata da un ragazzo nel portare la sua valigia all'interno. Mi siedo in un vagone dai vetri trasparenti e illuminati dal sole, dopo aver appoggiato il mio zaino nell'apposito spazio libero. Presto si accomodano vicino a me altre tre persone e il treno parte. Sono le 11:33.

Un modo per non divenire preda della frustrazione e di quella rabbia che ti ribolle dentro, perché stai soffrendo un'ingiustizia e nessuno appare colpevole, è immaginare come idealmente sarebbe prendere un treno.
Invece, l'orologio della stazione (sempre che funzioni) segna le 11:49. Il treno non è puntuale e ogni cinque minuti quella simpatica voce automatica annuncia l'accrescersi del ritardo, quasi sfottendo i passeggeri in attesa con la vecchia provocazione "ci scusiamo per il disagio". I motivi non sono mai resi noti, se non nei rari casi in cui sono in atto i "lavori di potenziamento della tratta" che porteranno sicuramente a un "miglioramento del servizio per i clienti".
In seguito si sarà detto che ci sono stati problemi nella direzione, poi la centralina di Melzo, i lavori per l'Expo (non riesco a chiamarlo Expo, mi sembra il nome di un piccolo animale domestico, un po' maltrattato), l'infrastruttura ecc ecc. Il prossimo mese arriverà il pacchetto di scuse "Offerta Estate 2015". Non tradirà le attese, visto che i pacchetti autunno-inverno sono stati senz'altro validi.
La banchina è sporca e, appena arriverà quel maledetto aggeggio vecchio e trasandato, dovrò fare a gomitate per riuscire a entrarci. Se avrò la fortuna di sedermi, annegherò in una poltrona che porta ancora il sudore del fortunato che lì sedeva due settimane prima. Se avrò la fortuna di stare in piedi, affogherò nel sudore dei fortunati che lì sono stati poco fa.
La coincidenza è bella e andata, il biglietto ovviamente pagato e timbrato regolarmente, il rimborso non è contemplato.

Un sistema che palesemente non funziona, posto come fonte di lucro per avidi privati a fronte di un servizio che si colloca fra il vergognoso e l'indegno: è questo il sistema ferroviario italiano. Guardando più a Nord, non sono tantissime cose (come spesso si pensa) che dovremmo apprendere dai vari tedeschi,scandinavi o inglesi, ma il settore dei trasporti dovrebbe, senza ombra di dubbio, prendere a esempio l'opera della DB o della OBB nei rispettivi paesi. Nemmeno loro saranno perfetti, ma qualcosa in più sembra sappiano fare.

Dino



Un tentativo di poesia, mia e tua

Ldr, farewell

Sometimes
I can't seem to cope
I just dwell

That's when I miss
miss like hell
all the things
we don't have

So please ring
ring the bell
when you're sure
you can tell
us
no
more
trains



Anna

lunedì 4 maggio 2015

Mario Luzi, 11 settembre 2001

Si sono mescolati
in quella frenesia di morte
dell'estremo affronto i sangui,
l'arabo, l'ebreo,
il cristiano, l'indio.
E ora vi richiamerà 
qualcuno ai vostri fasti.
Risorgete, risorgete,
non più torri, ma steli,
gigli di preghiera.
Avvenga per desiderio
di pace. Di pace vera.


venerdì 1 maggio 2015

Californication-Red Hot Chili Peppers

Psychic spies from China
Try to steal your mind elation
Little girls from Sweden
Dream of silver screen quotations
And if you want these kind of dreams 
It's Californication

It's the edge of the world
And all of western civilisation
The sun may rise in the east
At least it settles in a final location
It's understood that Hollywood sells Californication

Pay your surgeon very well
To break the spell of aging
Celebrity skin is this your chin
Or is that war your waging?

First born unicorn
Hard core soft porn
Dream of Californication
Dream of Californication

Marry me, girl, be my fairy to the world
Be my very own constellation
A teenage bride with a baby inside
Getting high on information
And buy me a star on the boulevard
It's Californication

Space may be the final frontier
But it's made in the Hollywood basement
Cobain can you hear the spheres
Singing songs off Station To Station
And Alderaan's not far away
It's Californication

Born and raised by those who praise 
Control of population. Everybody's been there 
And I don't mean on vacation

First born unicorn
Hard core soft porn
Dream of Californication
Dream of Californication

Destruction leads to a very rough road
But it also breeds creation
And earthquakes are to a girl's guitar
They are just another good vibration.
And tidal waves couldn't save the world
From Californication

Pay your surgeon very well
To break the spell of aging
Celebrity skin is this your chin
Or is that war your waging

First born unicorn
Hard core soft porn
Dream of Californication
Dream of Californication

Kreuzberg: la bellezza del brutto

I romantici vagoni gialli e rossi sferrano le vecchie vie della U-Bahn: Jannowitz-brucke, Heinrich Heine-Strasse, Moritzplatz e, finalmente, Kottbusser Tor.
Aperte le porte della metropolitana e fatti i primi passi nella stazione sotto terra, si percepisce subito un'atmosfera diversa rispetto al resto della città: cinque poliziotti scrutano attentamente i passanti, sulle scale avanzi di cibo e voci sonanti provenienti dall'alto.
Salite le scale, la prima immagine di Kreuzberg è un mercato di frutta e verdura affollato prevalentemente da volti dai tratti orientali. Sotto i piedi cartoni e qualche arancia, dappertutto voci che alternano lingua turca e tedesca.
"Il quartiere degli anarchici e degli immigrati" è la definizione della guida turistica riguardo questo quartiere, così particolare e così diverso dalla restante Berlino.
Macchine parcheggiate in divieto di sosta, muri imbrattati, strade sporche e un'aria leggera di degrado sono i caratteri principali di questa piccola Istanbul nel cuore della Germania.
Passeggiando fra le vie si incontrano bambini che picchiano un pallone da calcio, in mezzo alla strada, contro un grigio muro, ornato da graffiti.
Nella zona, tanti piccoli locali che hanno avuto il (de)merito di attrarre negli ultimi anni anche turisti in un'area che per diversi decenni è stata popolata esclusivamente da lavoratori. Infatti, Kreuzberg nella mente dei tedeschi rievoca subito immagini di manifestazioni violente per i diritti dei lavoratori e celebrazioni del primo maggio spesso sopra le righe.
Nei negozi che si susseguono sulle strade si trovano valanghe di prodotti di provenienza tutt'altro che tedesca, ristoranti etnici ad ogni angolo e qualche vecchia libreria grigia, piena di polvere e vecchi libri sulla DDR e un'anziana signora che con gentilezza accoglie coloro che ci entrano.
Un negozio nascosto dietro una vecchia vetrina di legno andato propone articoli sportivi. Sportivi si fa per dire, in quanto tutto ciò che è in vendita riguarda solo ed esclusivamente il calcio. E nel caso cercaste una maglietta del Bayern, del Borussia o della stessa berlinese Hertha, siete lontani dal luogo in cui potreste trovarla. Qui potete trovare tutto, anche le mutande o i calzini, delle tre squadre di Istanbul o dell'unica di Trebisonda; e se voleste chiedere informazioni agli addetti riguardo qualcosa, vi risponderebbero in un tedesco stentato e nervoso.
Sui lati qualche locale piccolo, colmo di gente giovane che dibatte e discute, soprattutto alla sera. Questo è, infatti, anche il quartiere degli studenti, di quelli forse un po' più "particolari", più nervosi, più irritabili, più propensi a mandarvi a quel paese.
Un negozio intorno al quale rimbomba il punk anni '90 o quello ancora più puro degli anni precedenti espone una meravigliosa collezione di magliette. Il proprietario è fermo a parlare in inglese con altri due ragazzi, fumando una sigaretta e facendo valere la lunga cascata di capelli neri sulla propria schiena. Fra le magliette anche quella dell'Inter City Firm del West Ham. Collegamento chiaro con il gruppo di ragazzacci che per anni hanno controllato una delle aree più malfamate di Londra, l'est di Londra, sotto spoglie di hooligan che nel tempo libero seguivano il West Ham, creando problemi in tutti gli stadi d'Inghilterra.
A pensarci bene, a Kreuzberg non c'è nulla di bello: c'è un'atmosfera calma e un po' cupa respirata quotidianamente da gente talvolta emarginata, talvolta arrabbiata. Un quartiere diverso, staccato dal resto, immerso in un mondo suo che non rispetta i canoni e le regole di ciò che lo circonda. Ed è forse questo suo essere particolare, diverso e unico a renderlo così affascinante ai miei occhi.

Dino