Nella basilica "Srca Isusova" di Zagabria, si è tenuta qualche giorno fa una messa per Ante Pavelić, storico capo del movimento filonazista croato degli Ustascia che ha governato gli odierni territori di Croazia e Bosnia-Erzegovina durante la Seconda Guerra Mondiale, allora uniti nella NDH (Stato indipendente croato).
Pavelić ha condotto le milizie degli Ustascia, ufficialmente inquadrate nelle S.S. di Adolf Hitler, fino a una temporanea conquista del potere, fra il 1941 e il 1945. L'esercito alle sue direttive si è macchiato di crimini contro l'umanità, compiendo stragi e epurazioni etniche contro la popolazione serba, rom, ebraica e omosessuale. Oltre a queste categorie sistematicamente colpite, erano meta di crimini orrendi tutti gli oppositori del suo regime.
Personaggio ancora oggi ammirato (e talvolta invocato) da una discreta fetta della popolazione croata, è tornato spesso alla ribalta per il controverso rapporto che lo stesso clero ha avuto con lui. Si ricordano i suoi rapporti con l'Arcivescovo di Zagabria negli anni Quaranta, Aloizije Stepinac, colluso con il regime degli Ustascia secondo fonti storiche, ma dichiarato beato dalla Chiesa.
Quello che però genera più controversie è il rapporto ambiguo dell'odierno clero con la sua figura, rispecchiato perfettamente in questa messa dedicatagli, che non è la prima negli ultimi anni.
L'opinione pubblica si è presto infiammata ma, povera di giornalisti degni di tale nome, ha generato una diatriba effimera. Fra i media legati alla Chiesa e alla religione cattolica, Luka Popov è il commentatore che ha ricevuto più credito, con una teoria che non sta in piedi dalle fondamenta.
Secondo Popov, Pavelić si sarebbe pentito prima della morte, non pubblicamente. E, nonostante le perplessità che potrebbero essere sollevate, il discorso fino a qui regge. In seguito, il blogger croato spiega che, nel caso di un pentimento sincero, l'anima di Pavelić potrebbe trovarsi in Purgatorio, pertanto la messa e le preghiere per la sua anima sarebbero lecite. Nel caso, il pentimento non fosse stato sincero, le preghiere non sarebbero vane, perché andrebbero a favore delle altre anime del Purgatorio.
Discorso meraviglioso, che ricalca anche la concezione della Commedia dantesca, ma che trova un muro invalicabile nella dichiarazione del 12 gennaio 2011 del Papa Benedetto XVI.
Ratzinger definisce il Purgatorio come luogo interiore dell'anima con il quale avvicinarsi alla Misericordia e non un luogo extraterreno, ricalcando il pensiero di Santa Caterina da Genova.
Con ciò, dopo la morte si presentano solo due vie: Inferno o Paradiso. E vista l'infallibilità del Papa in materia teologica, sancita dal Concilio Vaticano I del 18 luglio 1870, la discussione non si pone.
Il ragionamento di Luka Popov è pertanto lontano dal giustificare la messa in questione, tenutasi pubblicamente e con tanti partecipanti, prevalentemente non legati a Pavelić da rapporti di parentela.
mercoledì 30 dicembre 2015
domenica 20 dicembre 2015
Io volevo solo amarla
Io non volevo cambiare il mondo, a me questo andava bene... Non guardavo attraverso microscopi, alla ricerca di virus sconosciuti, non leggevo enciclopedie, non cercavo la media... Io volevo solo amarla, a Novi Sad, sul Danubio, dove esisteva un vecchio ponte di ferro, sopra al quale lei passava, sciogliendo quei suoi capelli, come una rete di seta in cui si impigliavano gli steli del chiaro di luna, come stupidi pagelli...
Io non volevo cambiare il mondo, a me questo andava bene... Io volevo solo amarla, a Novi Sad, sul molo, guardandola come una fortezza che è stata sconfitta, dopo così tanti anni... E baciandola, sotto quegli stessi ponti... Che non ci sono più...
Io so che il tempo prende sempre ciò che è suo. E non so, perché dovrebbe risparmiare noi? Ma, ecco, nulla tranne noi due aveva valore per me...
(Djordje Balaševič)
Io non volevo cambiare il mondo, a me questo andava bene... Io volevo solo amarla, a Novi Sad, sul molo, guardandola come una fortezza che è stata sconfitta, dopo così tanti anni... E baciandola, sotto quegli stessi ponti... Che non ci sono più...
Io so che il tempo prende sempre ciò che è suo. E non so, perché dovrebbe risparmiare noi? Ma, ecco, nulla tranne noi due aveva valore per me...
mercoledì 16 dicembre 2015
Perché è necessario proteggere i cattolici della Bosnia-Erzegovina?
Nella Bosnia-Erzegovina, uno dei principali gruppi costituenti del Paese è di religione cattolica. La sua popolazione è in netto calo dagli anni '90 e oggi costituisce circa il 15% del totale.
I cattolici sono stanziati prevalentemente nell'Erzegovina (la parte meridionale del Paese), ma sono presenti anche nella parte centrale della Bosnia, come nella capitale Sarajevo e, in gran numero, nella parte settentrionale del paese, vicino al fiume Sava. Possiedono il doppio passaporto, bosniaco e croato, con la tendenza a privilegiare il secondo in fatto di sentimento nazionale.
Negli ultimi anni, però, il sentimento di identità ha cominciato a riconoscere una doppia nazionalità e una doppia patria (sia croata che bosniaca), soprattutto nella popolazione più giovane.
Il netto calo della popolazione cattolica in Bosnia-Erzegovina è preoccupante: si sono rese conto di questo anche figure di grande spicco, come Papa Francesco o la Presidente croata Grabar-Kitarovic.
Questo calo rischia di accentuarsi e lasciare il Paese senza la sua essenziale componente cattolica: non perché ci sia una persecuzione o una grande ostilità nei confronti della stessa, ma per ragioni di qualità della vita. La Bosnia-Erzegovina è un paese uscito con le ossa rotte dal conflitto per la secessione degli anni '90, trasformatosi poi in guerra civile, e la sua economia è allo sfascio, al pari delle istituzioni. I giovani cercano di trovare un futuro all'estero e l'emigrazione è sempre costante. La popolazione cattolica è favorita in qualche modo in questo processo, grazie al passaporto croato che di recente è diventato europeo e permette di espatriare con grande facilità. I flussi sono diretti prevalentemente verso la vicina Croazia oppure verso le nazioni dell'Europa Centrale. Questo flusso provoca, specialmente nella parte cattolica della popolazione, un trend demografico negativo: i giovani espatriano e rimane soltanto la popolazione più anziana.
Questo andazzo rischia di essere particolarmente negativo per un Paese anomalo come la Bosnia-Erzegovina, alla ricerca di un equilibrio prima di tutto sociale e demografico ancora dalla sua nascita nel 1992. Anche perché un Paese tradizionalmente pluriconfessionale perderebbe il suo significato (o quel poco che ne è rimasto), perdendo anche una sola delle sue confessioni costituenti; cattolica, musulmana o ortodossa che sia.
In questo senso, è stata importante la meravigliosa visita di Papa Francesco, a Sarajevo, nell'estate di quest'anno e la fraterna apertura della Croazia alle questioni bosniache, grazie alla Presidente Grabar-Kitarovic. Il nuovo impegno di Dragan Covic, capo del maggiore partito rappresentante i cattolici, è un passo avanti nella stessa direzione, sulla tortuosa e accidentata strada verso il consolidamento (o la vera costituzione) di un paese nato sotto l'egida del cattolicesimo, che ha poi dato vita a tante diramazioni in ambito religioso.
Oltre questo, è fondamentale
che la Bosnia-Erzegovina conosca presto almeno un leggero passo avanti riguardo l'economia e la qualità della vita, in modo da potere offrire ai propri cittadini un'esistenza degna nella propria terra di origine.
I cattolici sono stanziati prevalentemente nell'Erzegovina (la parte meridionale del Paese), ma sono presenti anche nella parte centrale della Bosnia, come nella capitale Sarajevo e, in gran numero, nella parte settentrionale del paese, vicino al fiume Sava. Possiedono il doppio passaporto, bosniaco e croato, con la tendenza a privilegiare il secondo in fatto di sentimento nazionale.
Negli ultimi anni, però, il sentimento di identità ha cominciato a riconoscere una doppia nazionalità e una doppia patria (sia croata che bosniaca), soprattutto nella popolazione più giovane.
Il netto calo della popolazione cattolica in Bosnia-Erzegovina è preoccupante: si sono rese conto di questo anche figure di grande spicco, come Papa Francesco o la Presidente croata Grabar-Kitarovic.
Questo calo rischia di accentuarsi e lasciare il Paese senza la sua essenziale componente cattolica: non perché ci sia una persecuzione o una grande ostilità nei confronti della stessa, ma per ragioni di qualità della vita. La Bosnia-Erzegovina è un paese uscito con le ossa rotte dal conflitto per la secessione degli anni '90, trasformatosi poi in guerra civile, e la sua economia è allo sfascio, al pari delle istituzioni. I giovani cercano di trovare un futuro all'estero e l'emigrazione è sempre costante. La popolazione cattolica è favorita in qualche modo in questo processo, grazie al passaporto croato che di recente è diventato europeo e permette di espatriare con grande facilità. I flussi sono diretti prevalentemente verso la vicina Croazia oppure verso le nazioni dell'Europa Centrale. Questo flusso provoca, specialmente nella parte cattolica della popolazione, un trend demografico negativo: i giovani espatriano e rimane soltanto la popolazione più anziana.
Questo andazzo rischia di essere particolarmente negativo per un Paese anomalo come la Bosnia-Erzegovina, alla ricerca di un equilibrio prima di tutto sociale e demografico ancora dalla sua nascita nel 1992. Anche perché un Paese tradizionalmente pluriconfessionale perderebbe il suo significato (o quel poco che ne è rimasto), perdendo anche una sola delle sue confessioni costituenti; cattolica, musulmana o ortodossa che sia.
In questo senso, è stata importante la meravigliosa visita di Papa Francesco, a Sarajevo, nell'estate di quest'anno e la fraterna apertura della Croazia alle questioni bosniache, grazie alla Presidente Grabar-Kitarovic. Il nuovo impegno di Dragan Covic, capo del maggiore partito rappresentante i cattolici, è un passo avanti nella stessa direzione, sulla tortuosa e accidentata strada verso il consolidamento (o la vera costituzione) di un paese nato sotto l'egida del cattolicesimo, che ha poi dato vita a tante diramazioni in ambito religioso.
Oltre questo, è fondamentale
che la Bosnia-Erzegovina conosca presto almeno un leggero passo avanti riguardo l'economia e la qualità della vita, in modo da potere offrire ai propri cittadini un'esistenza degna nella propria terra di origine.
Iscriviti a:
Post (Atom)